Illustrazione di Francesco Deidda. |
Avevo undici anni e stavo uscendo dal portone di casa, ppena fuori dal vialetto di terra stava la nuova piazzetta.
Sorgeva dove c'era stato il vecchio cimitero del paese, le ossa erano state lasciate la sotto, nessuno le aveva reclamate, prima che iniziassero i lavori arrivò una ruspa per spianare il terreno, la ruspa trasportò tutta la terra, ossa comprese, nel nostro giardino, scardinando il portone principale.
Così capitava spesso che tra un albero di limoni e uno di pesche spuntasse un giorno una tibia, un giorno un femore. "La terra è maledetta" dicevo alle mie sorelle ancora troppo piccole per capire cosa significasse quella parola, e ogni tanto portavamo a mò di trofei qualcuna di quelle ossa polverose e la mettevamo sul comodino, aspettando che ci colpisse la maledizione. Non succedeva mai niente.
I limoni invece crescevano rigogliosi grazie ai sali minerali e i fosfati rilasciati dalle ossa.
Avevo dieci anni una mattina di primavera e stavo giocando con mia sorella Anna fuori dal portone scardinato, quando vediamo avvicinarci alla piazzetta tre ragazzi più grandi , uno di loro portava un pezzo di pelliccia arrotolato attorno al braccio.
Mia sorella scappa verso casa, io scavalco il portone e rimango a guardare un po' distante.
Loro lasciano cadere il pezzo di pelliccia per terra appoggiato al muro della vecchia casa coloniale e formano un semicerchio attorno. Iuri, il figlio del panettiere gli da un calcio e la pelliccia prende vita, si arruffa e soffia. Un gatto.
Un piccolo gatto tigrato cenere e nero, piccolo come una scarpa.
"Finalmente ti sei svegliato gatto di merda" dice Mauro, il figlio del Fabbro, soprannominato "ratto" per la faccia appuntita e il corpo ingobbito.
"Dagliene un altro, così capisce meglio" dice Iuri.
Il terzo non mi ricordo come si chiama, si preoccupa solo di non fare scappare il gatto, chiudendogli ogni via di fuga. Ma quello non ci pensa neanche a scappare, terrorizzato.
Fulvio mi guarda di sguincio per un istante, poi torna al gatto, più piccolo di qualche anno e magrolino, niente di preoccupante.
Bam.
Un altro calcio prende il gatto dritto sui denti, il musetto bianco s'imporpora. Il gatto si gonfia,una palla di pelo gonfiata come un palloncino.
Bam
Un altro calcio.
Un calcio, un altro un altro e un altro ancora, il gatto passa da un piede all'altro assaggiando tutte e sei le scarpe.
"Smettetela" dico a mezza voce voglio salvare il gatto, ma anche me stesso. Nessuno risponde.
"Smettetela pezzi di merda" Dico. Stavolta quasi urlando, la voce bassa e rotta.
Si girano tutti e tre, stupiti che un ragazzino rachitico osi mettersi in mezzo con il loro passatempo.
"Il figlio della segretara sei! e vieni ad aiutarlo se sei capace" mi dice Iuri, lanciandomi una pietra che si polverizza sul metallo nero alle mie spalle.
"Ohhh! attenti al gatto, non lasciarlo scappare! puttana eva, ". Il gatto s'era intrufolato tra le gambe del terzo pezzo di merda non-mi-ricordo il -nome e stava scappando ondeggiando come una barca nella marea, aveva sicuramente qualcosa di rotto, dentro di me faccio il tifo per lui.
Iuri mi si piazza davanti, gli arrivo al collo, alza il pugno e me lo lascia cadere dritto in testa, come si picchia un cane stupido.
"Hai fatto scappare il gatto, coglione" sputava mentre parlava, non sento nulla vedevo solo la sua bocca contorcersi e sputare proiettili di saliva. A causa del cazzotto, mi ronzano le orecchie, mi prende per un braccio e mi sbatte a terra.
Bam
Un calcio sullo stomaco mi fa piegare come se mi avessero attaccato una molla tra la testa e i piedi, rotolo un po' sul cemento e mi fermo pancia all'aria.
Bam
Un calcio sulle costole. Gemo un po' per finta, per fare contento il sadico bastardo che non capisce la mia finta e mi lascia in pace. Nel frattempo il suo compare ha ripreso il gatto e lo porta tutto esultante verso di noi.
Lo tiene a distanza per la collottola, il gatto soffia, incazzato per essere stato ripreso proprio sulla linea. "Ci aveva sperato, povero bastardo" penso.
Lo rimettono in mezzo, ma stavolta il gatto rimane li, non reagisce, bam,bam,bam,bam, oramai il gatto s'è arreso, è un pugile suonato, "potreste ammazzarlo e non gli fregherebbe un cazzo, merde, ha vinto lui"rantolo.
Mauro che fino ad ora era stato zitto tira fuori dalla tasca una miccetta gialla, di quelle chiamate raudi, la soppesa sulla mano e poi sorride; un sorriso da maniaco sessuale, da pedofilo, gli fiorisce in quella sua schifosa faccia da ratto.
"Proviamo con questo. Tenetelo fermo voi due, vedete come si corre adesso questo stronzo"
Iuri e l'altro stronzo tengono il gatto ben appiattito al suolo, lui non oppone molta resistenza, è esausto, una zampa rotta, qualche dente scheggiato e il muso frantumato.Solo gli occhi si muovono, guizzando a destra e a sinistra come pesci, occhi giallastri come monete d'oro, occhi terrorizzati che guardavano i suoi carnefici .
"Infilaglielo nel culo"
"Si dai, vediamo cosa succede"
"Cosacazzo credete succeda stronzi, mettetelo nel culo a vostra madre quel raudo" stavolta Mauro mi ha sentito e torna per la seconda spazzolata. BamBamBam. Ero a terra, rimango a terra, ma non parlo più, guardo e basta.
La coda del gatto si agita come una frusta, poi Iuri l'afferra e anche quella piccola rivolta è sedata, Mauro s'inginocchia di fronte al gatto, "tieni la coda su" dice, e poi infila il Raudo nel buco del culo del gatto fino a che spunta solo per metà. La cappella marrone del raudo bene in vista.
Il gatto tenta di cagare via il petardo, Mauro lo infila di nuovo ancora più a fondo, "Meowww" il verso è basso e costante. La pallottola di pelo appiattita al suolo come un tappeto, tre grossi pezzi di merda sopra di lui, un petardo nel culo.
"Accendilo dai"
E il senzanome lo accende, poi scatta in piedi per primo e scappa, seguito dagli altri, uno zampillo incandescente esce dal culo del gatto che si alza barcollante, si guarda dietro con gli occhi spalancati a studiare i suoi aguzzini, e tenta per la seconda volta la fuga,saltellando a passo di danza.
Plim plim plim crock. Plim Plim Plim Crock (ripetere).
Un due tre, zampa rotta, un due tre, zampa rotta, un due tre, zampa rotta.
Quando il gatto è quasi fuori dalla piazza il fuoco diventa fumo, "cagalo, stupido bastardo" spero.
Il raudo esplode, il gatto viene sparato in avanti come un razzo con uno sbuffo di fumo azzurro, le gambe strappate come petali d'un fiore con un abisso rosso al centro, le budella sparse , nessun rumore, le faccie di merda, una pioggerellina di sangue cade tut'attorno.
mi metto a sedere. Il mezzo gatto non si muove più.
"Se dici qualcosa a qualcuno ti spacchiamo il culo anche a te, domani a scuola" dice nonsocomesichiama.
"Vaffanculo stronzidimmerda" dico, poi mi alzo e me ne vado verso casa barcollando.
Se ne vanno anche loro.
Il gatto li, sul cemento.
Meraviglioso.
RispondiEliminaMi ricorda alcuni elementi sballati che giravano in paese e che pare facessero la stessa cosa.
Maroc
Sono tutti uguali i villani merdosi.
RispondiEliminaMa il gatto si vendica. Vedrai.
ovvio che si vendica...mi ha fatto ricordare la canzone che ho postato di recente, quella di Brel
RispondiEliminaLes autres ils disent comme ça
Qu'elle est trop belle pour moi
Que je suis tout juste bon
A égorger les chats
J'ai jamais tué de chats
Ou alors y a longtemps
Ou bien j'ai oublié
:-)
Si vendicherà bissando la strage :D
RispondiEliminaMaroc
Fatto. Il gatto s'è vendicato. Credo sia il mio miglior racconto, con tutti i suoi limiti.
RispondiEliminaIl gatto s'è già vendicato, dimmi se ti piace.
RispondiEliminaMigliore? Forse.
RispondiEliminaTra i migliori? Di sicuro.
Maroc