Il calcio è una
questione di vita o di morte. L'avrete sentito dire spesso, e
probabilmente non ci avrete creduto, avrete classificato quello che
lo diceva come un «povero stronzo» o con chissà che altre parole
ingiuriose. E vi assicuro che vi avrei dato ragione, almeno fino a
qualche tempo fa.
C'è stato un periodo della mia vita durante il quale anche io ho guardato i poveri stronzi andare a guardare le partite mentre pensavo: « ma si può essere così coglioni? Guardare undici stronzi rincorrere un pallone rischiando di rompersi una tibia nel processo, mah». E passavo avanti, ridacchiando soddisfatto. Ma non avevo capito molto della vita, allora.
C'è stato un periodo della mia vita durante il quale anche io ho guardato i poveri stronzi andare a guardare le partite mentre pensavo: « ma si può essere così coglioni? Guardare undici stronzi rincorrere un pallone rischiando di rompersi una tibia nel processo, mah». E passavo avanti, ridacchiando soddisfatto. Ma non avevo capito molto della vita, allora.
A quel tempo, per dire, ero
ancora convinto che bisognasse provare ad aiutare chiunque, anche se
quello che tentavi di aiutare cercava di rifilarti un calcio nel culo
per ringraziarti. Ero ancora comunista,
qualsiasi cosa significasse quella
parola, e come vi ho già raccontato, schifavo il calcio e me ne
facevo un gran vanto .
Lo schifavo perché
non lo avevo ancora capito bene. E ora ridacchio sotto i baffi
quando, magari mi sto guardando una partita alla televisione, in un
bar, e sento alle mie spalle il solito commento:
«Ma che cosa ci trovi?» Di solito sono fidanzate che si sono costrette a venire a guardare una partita e, al culmine della noia, cercano, come extrema ratio, di far cambiare idea al fidanzato su tutto l'ambaradan. «Ma che cosa ci trovi? Non vedi che è tutta una questione di soldi? Non vedi che il più povero perde sempre?»
«Ma che cosa ci trovi?» Di solito sono fidanzate che si sono costrette a venire a guardare una partita e, al culmine della noia, cercano, come extrema ratio, di far cambiare idea al fidanzato su tutto l'ambaradan. «Ma che cosa ci trovi? Non vedi che è tutta una questione di soldi? Non vedi che il più povero perde sempre?»
Perché, nella vita
non è lo stesso? Non sai dove nasci, non sai chi o cosa
ti capiterà, a volte hai culo e nasci figlio di rampolli,
gonfio di soldi e altre volte invece, la maggior parte
delle volte, sei un povero pezzente come tanti altri, povero, come
tanti altri. Magari sei pure ammalato, chi lo sa.
E nel calcio è la
stessa cosa. Succede che a volte sei il Real Madrid, e puoi
permetterti qualsiasi cosa, a volte, più spesso sei il Sassuolo, la versione
sfigata del Chievo Verona. Un po' come essere la controfigura di
Danny De Vito. Se sei proprio sfigato duro allora sei l' A.c. Sarchiaponese e i tuoi giocatori di mestiere fanno, per esempio, il fabbro.
Ieri giocavano la
finale di Champions League, Real Madrid
contro Atletico
Madrid, una delle due squadre costruita per
vincere tutto, che già dal nome: «real»
fa pensare ad un investitura divina
sganciata come una granata, dal cielo, contro un'altra squadra, l'atletico
Madrid, che ha un nome, «atletico»
che fa pensare più a sacchi di farina
sulle spalle a correre sulle gradinate, giri di campo infiniti, urla
dell'allenatore. Niente principi da queste parti, amico.
E per novantaquattro
minuti di partita, la squadra meno ricca , sta vincendo. Ha dominato per settanta minuti, non con
la tecnica sopraffina, ma come direbbero in Spagna, con el deseo.
Ma sopratutto con
los cojones. Correndo
su ogni pallone, assalendo ogni avversario,
cercando di levargli quella palla che vale una carriera, un'
occasione che tu, giocatore dell'Atletico probabilmente non vedrai
mai più in vita tua, non c'è Real di
fronte al nome della tua squadra, e lo sai bene.
E così al minuto novantaquattro e qualche secondo, sta vincendo contro lo squadrone blasonato, che di quelle coppe ne ha già vinte nove, non riesci più a correre, senti i crampi che salgono e preghi che l'arbitro fischi quel maledetto finale. Ma ormai non importa più molto, senti quella coppa fra le tue mani, dovete solo resistere un altro minuto, dopotutto. E allora succede che un tizio che si chiama Sergio Ramos salta più alto di tutti e la mette dentro. Vaffanculo al cronometro, sta pensando il giocatore dell'Atletico, stanco morto, che ha già dato tutto e si rende conto che la partita ormai è su un piano inclinato verso la sconfitta.
Anche l'allenatore dell'Atletico lo sa, questo. Eppure pochi secondi dopo aver preso il gol, quel gol che forse segnerà definitivamente l'esito della partita, si gira verso il suo pubblico e li incità ad urlare più forte, perché non è ancora arrivato il momento di arrendersi, non è ancora finito.
Tener cojones.
E così al minuto novantaquattro e qualche secondo, sta vincendo contro lo squadrone blasonato, che di quelle coppe ne ha già vinte nove, non riesci più a correre, senti i crampi che salgono e preghi che l'arbitro fischi quel maledetto finale. Ma ormai non importa più molto, senti quella coppa fra le tue mani, dovete solo resistere un altro minuto, dopotutto. E allora succede che un tizio che si chiama Sergio Ramos salta più alto di tutti e la mette dentro. Vaffanculo al cronometro, sta pensando il giocatore dell'Atletico, stanco morto, che ha già dato tutto e si rende conto che la partita ormai è su un piano inclinato verso la sconfitta.
Anche l'allenatore dell'Atletico lo sa, questo. Eppure pochi secondi dopo aver preso il gol, quel gol che forse segnerà definitivamente l'esito della partita, si gira verso il suo pubblico e li incità ad urlare più forte, perché non è ancora arrivato il momento di arrendersi, non è ancora finito.
Tener cojones.
E metà dello stadio
indossa i colori rosso e bianco dell'Atletico e continua a sostenere
la propria squadra, come ha fatto per tutta la partita, anche quando
stavano vincendo. Quando stavano sotto di un gol, i
tifosi del Real Madrid erano ammutoliti e zitti. Poi nei tempi
supplementari arriva il secondo gol del Real Madrid, l'Atletico non
corre più, e ne becca altri due in pochi minuti, una punizione
ingiusta.
Ma la vita è anche e sopratutto ingiusta. Quello che ha più soldi di voi aveva la macchina quando voi avevate a malapena la bicicletta, le vostre scarpe erano ancora le Superga, quando non erano tornate di moda, e venivate presi per il culo dal vostro compagno di classe che aveva le Air Jordan. Ingiusto, ma non ci puoi fare un cazzo.
Ma la vita è anche e sopratutto ingiusta. Quello che ha più soldi di voi aveva la macchina quando voi avevate a malapena la bicicletta, le vostre scarpe erano ancora le Superga, quando non erano tornate di moda, e venivate presi per il culo dal vostro compagno di classe che aveva le Air Jordan. Ingiusto, ma non ci puoi fare un cazzo.
E così la metà
dello stadio rosso e bianco piange, piange perché ci aveva creduto
davvero che questa volta il coraggio
potesse battere i soldi. Ma potete stare sicuri che racconteranno ai
loro figli di quella volta che stavamo
battendo il Real Madrid in
finale.
Avete capito
adesso, perché mi piace il calcio?
Kurdt.
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