L'Italia è una Repubblica fondata sul rancore. Art 0 della Repubblica. |
Qualche giorno fa è stato l'anniversario della morte di Marta Russo. Se andando in giro fermi una persona a caso, e le chiedi chi fosse, le risposte sono le più varie.
«Pugile Italiano»
«Modella»
«Rivoluzionaria Cecena»
Sono una minoranza quelli che si ricordano, in generale tutti ultratrentenni. Ma prova a chiedere chi fosse Giovanni Scattone. Di Scattone se ne ricordano ancora tutti. Perché uno che ammazza una studentessa così, non si può dimenticare.
Scattone, dopo aver finito di scontare la pena, ha ricominciato a fare l'unica cosa che sapeva fare, insegnare a degli studenti. Certo, non più in un aula universitaria alla Sapienza, in un'aula cadente delle superiori, ma tant'è, a quanto pare a lui piace.
Si è sposato, in questi anni, ovviamente con una convinta sostenitrice della sua innocenza.
«E a Marta non ci pensa nessuno? Lei non si è potuta sposare!» Dicono alcuni. Dicono i suoi studenti invece, e con alcuni ho avuto anche la fortuna di parlare, che sia un eccellente insegnante, paziente, volenteroso. Magari un po' preoccupato, questo si. Preoccupato di dover avere a che fare con i coretti dei genitori all'uscita. A quanto pare c'é sempre un drappello di cittadini volenterosi che vuole tentare di mandarlo via, allontanarlo, cancellarlo dalla memoria.
«Se ha ucciso una studentessa una volta, perché non potrebbe rifarlo?» Dicono alcuni. Fatto sta che Scattone ha vinto una cattedra, grazie al concorso del 2012. Ha vinto per modo di dire, è stato più bravo di quasi tutti gli altri, è arrivato decimo. Decimo su tutti i partecipanti laziali. Quindi, almeno sulle competenze, dovremmo evitare di parlare.
«Ma ha ucciso una studentessa» Continuano le voci fuori dalla finestra.
Insomma Scattone si è guadagnato una cattedra nella scuola italiana, ma la settimana prima dell'inizio della scuola, come al solito, qualche anima pia si è lamentata.
«quello è lo demonio! Ammazzastudentesse! Non nel mio vicinato!» E così, Giovanni Scattone si è ritrovato, ancora, per l'ennesima volta, coperto d'insulti.
«Come si permette d'insegnare, non ha morale? Quell'uomo non ha proprio una coscienza! L'insegnante è un mestiere importante».
Insegnanti che sono importanti fino a Giugno, poi si trasformano improvvisamente in scansafatiche, tutti.
E allora Scattone, che se solo avesse pubblicato un romanzo giallo con l'omicidio di una giovane studentessa avrebbe sbancato il botteghino, si ritrova a patire la fame senza lavoro.
Perché, il crudele omicida, capace di mantenere il silenzio per vent'anni, ha rifiutato la cattedra perché non si sente tranquillo.
Un crudele assassino freddo e calcolatore a giorni alterni. Che magari riesce a far finta di niente dopo aver ammazzato una studentessa, ma gli sguardi di un paio di alunni? O peggio, dei genitori? Guai.
E vi racconto un'altra storia. Avevo appena iniziato l'università a Pisa, quando mi arriva una chiamata:
«Pronto? Buongiorno, siamo la squadra anticrimine di Spoleto, volevamo comunicarle che lei deve presentarsi per il processo per aggressione e lesioni gravi ai danni di XXX xxxxx, in data 19 settembre, a Spoleto»
«...?»
«Se non si presenterà verrà condannato in contumacia»
«Ah»
Chiudo la chiamata e rimango di sasso. Mi devo trovare un avvocato. La prima cosa che faccio, è cercare di ricordare dove diavolo ero nella data in cui secondo l'accusa avrei aggredito il poveraccio (avrei scoperto successivamente, un vecchietto sopravvissuto ad un tumore alla gola, con l'apparecchietto alla gola). Non ero neppure nella città dove mi accusavano di essere. Potevo dimostrarlo? Avevo un testimone, Simone, ma era un mio amico, l'avrebbero accettato? Avete idea di quanto sia difficile ricordare dove cazzo eri tre mesi prima?
«Pugile Italiano»
«Modella»
«Rivoluzionaria Cecena»
Sono una minoranza quelli che si ricordano, in generale tutti ultratrentenni. Ma prova a chiedere chi fosse Giovanni Scattone. Di Scattone se ne ricordano ancora tutti. Perché uno che ammazza una studentessa così, non si può dimenticare.
Scattone, dopo aver finito di scontare la pena, ha ricominciato a fare l'unica cosa che sapeva fare, insegnare a degli studenti. Certo, non più in un aula universitaria alla Sapienza, in un'aula cadente delle superiori, ma tant'è, a quanto pare a lui piace.
Si è sposato, in questi anni, ovviamente con una convinta sostenitrice della sua innocenza.
«E a Marta non ci pensa nessuno? Lei non si è potuta sposare!» Dicono alcuni. Dicono i suoi studenti invece, e con alcuni ho avuto anche la fortuna di parlare, che sia un eccellente insegnante, paziente, volenteroso. Magari un po' preoccupato, questo si. Preoccupato di dover avere a che fare con i coretti dei genitori all'uscita. A quanto pare c'é sempre un drappello di cittadini volenterosi che vuole tentare di mandarlo via, allontanarlo, cancellarlo dalla memoria.
«Se ha ucciso una studentessa una volta, perché non potrebbe rifarlo?» Dicono alcuni. Fatto sta che Scattone ha vinto una cattedra, grazie al concorso del 2012. Ha vinto per modo di dire, è stato più bravo di quasi tutti gli altri, è arrivato decimo. Decimo su tutti i partecipanti laziali. Quindi, almeno sulle competenze, dovremmo evitare di parlare.
«Ma ha ucciso una studentessa» Continuano le voci fuori dalla finestra.
Insomma Scattone si è guadagnato una cattedra nella scuola italiana, ma la settimana prima dell'inizio della scuola, come al solito, qualche anima pia si è lamentata.
«quello è lo demonio! Ammazzastudentesse! Non nel mio vicinato!» E così, Giovanni Scattone si è ritrovato, ancora, per l'ennesima volta, coperto d'insulti.
«Come si permette d'insegnare, non ha morale? Quell'uomo non ha proprio una coscienza! L'insegnante è un mestiere importante».
Insegnanti che sono importanti fino a Giugno, poi si trasformano improvvisamente in scansafatiche, tutti.
E allora Scattone, che se solo avesse pubblicato un romanzo giallo con l'omicidio di una giovane studentessa avrebbe sbancato il botteghino, si ritrova a patire la fame senza lavoro.
Perché, il crudele omicida, capace di mantenere il silenzio per vent'anni, ha rifiutato la cattedra perché non si sente tranquillo.
Un crudele assassino freddo e calcolatore a giorni alterni. Che magari riesce a far finta di niente dopo aver ammazzato una studentessa, ma gli sguardi di un paio di alunni? O peggio, dei genitori? Guai.
E vi racconto un'altra storia. Avevo appena iniziato l'università a Pisa, quando mi arriva una chiamata:
«Pronto? Buongiorno, siamo la squadra anticrimine di Spoleto, volevamo comunicarle che lei deve presentarsi per il processo per aggressione e lesioni gravi ai danni di XXX xxxxx, in data 19 settembre, a Spoleto»
«...?»
«Se non si presenterà verrà condannato in contumacia»
«Ah»
Chiudo la chiamata e rimango di sasso. Mi devo trovare un avvocato. La prima cosa che faccio, è cercare di ricordare dove diavolo ero nella data in cui secondo l'accusa avrei aggredito il poveraccio (avrei scoperto successivamente, un vecchietto sopravvissuto ad un tumore alla gola, con l'apparecchietto alla gola). Non ero neppure nella città dove mi accusavano di essere. Potevo dimostrarlo? Avevo un testimone, Simone, ma era un mio amico, l'avrebbero accettato? Avete idea di quanto sia difficile ricordare dove cazzo eri tre mesi prima?
Ricordo di essermi rivolto ad un avvocato di Spoleto, pagato un sacco di soldi, preparato le carte e via. Provo a contattare il vecchio perché almeno mi guardasse in faccia e dicesse : «Si, sei stato tu a menarmi!» ma il vecchio evidentemente aveva paura che lo menassi, e rifiutò.
Non aggiungo quello che era il mio stato d'animo all'epoca, la vita a vent'anni è già un casino, se poi ci aggiungi un processo potenzialmente disastroso, diventa tutto peggiore.
Alla prima udienza, prima di entrare, il vecchino, evidentemente confortato dalla presenza di numerosi poliziotti, accetta d'incontrarmi. Mi guarda in faccia, vedo che è dubbioso, ci pensa bene. Gli si legge in faccia che non gli andava di dover fare la figura dello scemo, riconoscere che non era colpa mia, che aveva accusato un innocente. Eppure, per fortuna, il vecchio aveva riconosciuto che non ero io, quello che lo aveva pestato a sangue.
(Piccolo particolare, nella denuncia si parlava di «numerosi piercing al volto» chi mi conosce sa che non ho mai avuto un piercing).
Sono stato comunque costretto a pagare le mie spese legali, perché a quanto pare il vecchino, un po' stronzo lo era lo stesso, e avrebbe continuato con la denuncia pur sapendo di accusare un innocente, se avesse pure dovuto pagare le spese.
Quest'anno, a maggio, una pattuglia della polizia mi ferma mentre vado ad un'assemblea d'istituto, mi controlla i documenti, poi mi chiede:
«Precedenti?»
«No»
«Ha mai litigato con qualcuno?»
Sapevo dove volevano andare a parare.
«La denuncia è stata ritirata, ero innocente»
«Eh, ma a noi rimane tutto sa!» Ora, io penso che i poliziotti dovrebbero pulirmi le scarpe ogni volta che m'incontrano, non fare battutine, ma questa è l'Italia. Immaginate se il vecchino avesse deciso che in fondo, dai, assomigliavo abbastanza a quello che lo aveva menato, sarebbe andata in maniera molto diversa.
«Scattone omicida bastardo» E immaginate, anche voi, immaginate se veramente, come da lui sempre sostenuto, fosse innocente.
Immaginate se, dopo un processo che non ha un movente, senza arma del delitto, con testimoni minacciati per confessare, fosse innocente.
La vera domanda che dovreste farvi è:
"E se fosse davvero innocente?" A questo si, non ci pensa mai nessuno.
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